Il Cane da Montagna dei Pirenei

Storia


Fissare un’origine precisa per il Cane da Montagna dei Pirenei è impossibile. Ciò che è certo, tuttavia, è che la razza non è autoctona dell’Europa; infatti, non si trovano suoi resti nei depositi fossili anteriori all’età del bronzo. I primi scheletri di questi cani, insieme ai cavalli sepolti con le loro bardature, si trovano accompagnati a oggetti in bronzo e sono stati probabilmente introdotti in Europa in seguito alle invasioni indoeuropee che hanno diffuso tale metallo insieme all’arte di utilizzare il cavallo (Duconte Ch. e Sabouraud J.- A. 1967, Bollettino ACP n°30 – 1999, Cazottes P. 2003).

Mastino tibetano


Sui Pirenei, nell’Appennino Centrale, sui Monti Tatra, in Boemia e Ungheria, nel Caucaso e fin sull’Atlante marocchino, esistono cani tanto somiglianti che appare chiara la loro comune origine da un unico ceppo: testa di tipo lupo-molossoide, grande taglia, tronco potente, mantello totalmente o prevalentemente bianco, con sottopelo folto e pelo lungo e piatto. Simile anche l’utilizzo: guardia al gregge e all’abitazione, e loro difesa dagli animali predatori e dai malintenzionati, in territori montagnosi con inverni rigidi e terreno accidentato.

L’antenato comune a questi cani va ricercato nel Mastino Tibetano, che avrebbe seguito i suoi padroni provenienti dall’Asia Centrale durante la loro migrazione sul suolo europeo.

Da questo antico cane orientale probabilmente discendono i due principali ceppi di molossoidi: l’uno più tozzo, a pelo corto e muso brachignato, più adatto al combattimento e alla guardia della casa e della proprietà (Canes Villatices e Canes Pugnatices, antenati degli attuali mastini); l’altro dotato di forme più armoniose, pelo lungo e muso normognato, più adatto per la difesa del bestiame (Canes Pastorales antenati, in generale, degli attuali cani da montagna). 

Gli antenati degli attuali Cani da Montagna dei Pirenei erano tuttavia dei soggetti molto diversi dal tipo che si può ammirare attualmente. Il loro colore, sempre su base bianca, evidenziava grandi macchie di colore rossiccio e grigio scuro sparse, oltre che sulla testa, anche sul corpo. La razza che potremmo definire “prodromica” di quella attuale, si sarebbe sviluppata su entrambi i lati dei Pirenei (francese e spagnolo), mostrando caratteristiche comuni a quelle razze che si sarebbero sviluppate in seguito: il Mastino dei Pirenei, sul versante spagnolo della catena montuosa, e, appunto, il Cane da Montagna dei Pirenei, sul versante opposto.

La separazione politica dei confini, avvenuta con il “Trattato dei Pirenei” del 1659, segnò la definizione netta tra Spagna e Francia. Si è portati a pensare che, tra le conseguenze antropologiche che visse la popolazione a seguito del trattato, vi fu anche quella di subire una minore promiscuità nel pascolo delle greggi, con conseguente differenza nella selezione dei cani dediti alla guardiania. È verosimile che le selezioni avvenute sul versante spagnolo subirono l’influenza genetica del Mastino Spagnolo, attingendo così a un peso considerevolmente maggiore, ai tratti più marcatamente molossoidi, ma mantenendo il manto bianco pezzato tasso. Al contrario, sul versante francese, il cane riuscì a conservare una purezza sorprendente, caratterizzata da una maggiore leggerezza rispetto al Mastino dei Pirenei. Oltre al mantello color bianco pezzato di grigio lupo (tasso), probabilmente, come detto, il colore originario degli antenati della razza, si affiancarono il bianco (ormai tipico), prediletto da molti pastori per la facile individuazione nella notte, e il bianco con macchie arancioni.

Cartolina d’epoca che ritrae un esemplare dal manto tasso

Nelle sue alte valli natie, il Cane da Montagna dei Pirenei, “vestito” di un collare di ferro irto di punte, che lo salvava dall’attacco di orsi e lupi, aveva il compito di difendere le mandrie e le famiglie contadine da attacchi di animali selvatici, cani randagi e predoni.

Esemplare provvisto di collare irto di punte

In molti di coloro che, attraverso i valici pirenaici, cercavano miglior sorte nella vicina Spagna, approfittavano del bestiame che era molto numeroso nei pascoli poco controllabili sulle montagne. Il numero di questi briganti divenne così alto al punto che fu impossibile evitare razzie.

Esiste un documento del 1391 di Gaston Phoebus che narra la visita del Re Carlo VI nella Contea di Foix, e dà notizia di questi cani che contribuirono a salvare lo stesso re dall’attacco di un toro inferocito mentre raggiungeva il Castello di Mazères. Da quel momento, il signore di Foix decise di affidare la guardia delle sue terre e del suo maniero, ancor oggi esistente, a numerose mute di cani da montagna oramai già ben noti per le loro qualità.

In un documento del 1407, conservato alla Biblioteca Nazionale di Parigi, si cita che, dopo Foix, anche il Castello di Lourdes adottò lo stesso sistema di controllo, soprattutto per la notte, e furono costruiti per i cani appositi camminamenti lungo le cime di tutte le mura di cinta.

Verso la fine del XIV secolo, i Patou, così chiamati tutt’oggi a derivazione dal termine “pastre”, ossia “pastore” in francese antico, lasciarono in molti la montagna per occuparsi della sorveglianza dei castelli.

Nel 1675, Madame de Maintenon, sposa morganatica di Luigi XIV, accompagnando il Delfino nelle acque di Barèges, scoprì il Cane da Montagna dei Pirenei. Sedotta, decide di portare un esemplare con lei a Parigi. Il grande cane bianco divenne l’ammirazione della Corte del Re Sole, dove ricevette la nobile distinzione di “cane reale”. Fu quindi introdotto come cane da compagnia, per poi apparire anche sullo stemma reale francese.

Nel corso del XIX secolo sono numerosi i dipinti in cui il cane è protagonista, segno della sua indiscutibile fama. Ma per la prima descrizione si dovrà attendere il 1897, ad opera del conte di Bylandt.

Sebbene tutti i Pirenei siano stati popolati da Cani da Montagna, in realtà i soggetti tipici provengono da una zona al centro della catena montuosa, e precisamente dai pascoli che dominano Barèges, Luz, Saint-Sauver, Cauterets; stazioni termali conosciute e visitate da turisti aristocratici; unica zona frequentata dalla buona società. (Byasson E. 1907).

Nel 1807 P. Laboulinière insiste sulla sua utilità nell’“Annuaire Statistique du département des Hautes-Pyrénées” (Tarbes. Lavigne): “…La varietà della specie canina chiamata Cani da Pastore è molto diffusa nelle montagne dove essa è di una taglia e una forza veramente straordinarie; è questa una varietà che porta il nome di Cane dei Pirenei: è preposta alla guardia delle greggi che difende contro l’attacco dei lupi e degli orsi che, senza di essa, distruggerebbero presto l’unica ricchezza di tutto un popolo di pastori…”

Nel 1813 Dralet li descrive così (“Description des Pyrénées”): “…I nostri pastori sono estremamente aiutati dai cani da ovile, notevoli per la loro enorme taglia, per il biancore del loro mantello e per il volume della loro voce. Questi animali non cessano, per tutta la notte, di far riecheggiare l’eco dei loro latrati. E se un animale feroce si avvicina al gregge? Se è un lupo, un solo cane osa sfidarlo; ne occorrono due o tre per resistere agli attacchi degli orsi…”. (Cockenpot B. 1998, Bollettino ACP n°31 – 1999, Cazottes P. 2003).


Nel corso dell’Ottocento sono comunque i Romantici che imparano a conoscerlo veramente durante le loro escursioni e arrampicate in quei luoghi impervi dove incontrano spesso pastori e cani che suscitano il loro entusiasmo. Anche i pittori cominciano a raffigurarlo mentre accompagna un cacciatore, si avventa contro un lupo o si riposa tra un gruppo di montanari. In queste immagini romantiche i cani sono riprodotti, a grandi linee, con le loro caratteristiche attuali e anche con certe particolarità come il doppio sperone agli arti posteriori. Taine nel “Voyage aux Eaux des Pyrénées” (1855) li ritrae al lavoro con il gregge: “…Dei cani enormi dal pelo lanoso, chiazzati di bianco, camminano con potenza sui lati ringhianti allorché qualcuno si avvicina a loro…”.


Nello stesso periodo anche numerosi turisti inglesi si recano nei Pirenei a passare le vacanze e, al ritorno, pubblicano i loro racconti e le loro impressioni sulle curiosità del paese, cani compresi: “…Essi sono molto feroci ed è pericoloso incontrarli in montagna quando non sono accompagnati dal loro padrone…”. (Harding J. B. 1830).

Sono inseriti e celebrati perfino in famosi romanzi: nel “Modeste Mignon” (1844) di H. de Balzac. Dumay, che è incaricato di vigilare sulla virtù di Modeste, fa sorvegliare la sua casa da due cani dei Pirenei. In questo periodo cominciano ad essere descritti non più solo come feroci guardiani, ma anche per la dolcezza del loro carattere. Nel 1855 la scrittrice preferita da numerose generazioni di bambini benestanti, la Contessa de Ségur, scrive nel suo libro “Les vacances” la storia di Biribì: “…Il cane aveva due anni; era grande, forte, della razza dei cani dei Pirenei, che si battono contro gli orsi delle montagne; era molto dolce con le persone della casa e i bambini, che giocavano spesso con lui, che lo attaccavano a un piccolo carretto, e lo tormentavano a forza di carezze; mai Biribì aveva dato un morso o un colpo di unghie…”

La curiosità dei turisti, La diffusione della fama e il successo di questi cani portano a una commercializzazione incontrollata che si rivela funesta per il loro allevamento. Gli abitanti della montagna, dato il vantaggio economico, vendono sempre di più i loro animali ai bagnanti, e in quei luoghi il loro numero diminuisce rapidamente, mentre tanti esemplari vengono esportati in gran parte d’Europa e in America. In realtà, i soggetti ceduti sono spesso di scarsa purezza, e solo più tardi arriveranno buoni esemplari. (Byasson E. 1907, Duconte Ch. e Sabouraud J.-A. 1967, Bollettino ACP n°5 – 1988, Cockenpot B.1998, Bollettino ACP n°31 – 1999, Bollettino ACP n°32 – 1999, Bollettino ACP n°35 – 2000, Bollettino ACP n°36 – 2001, Cazottes P. 2003).

Nel 1868 Oscar Commettant descrive il mercato domenicale che si è creato a Cauterets dove i pastori scendono in paese a vendere non dedicandosi più a conservare la razza con la stessa cura del passato. 

Ogni stagione termale vede così partire un gran numero di cani; nelle stazioni di Pierrefitte o Argelès si spediscono in casse recanti la dicitura: “Datemi da bere, per favore”. I Patous vengono dispersi ovunque e, incrociati con altre razze, lasciano dei brutti meticci.
Tuttavia la diminuzione del numero ha nello stesso tempo un’altra importante causa: i lupi e gli orsi cacciati per secoli e avvelenati dai guardiacaccia con la stricnina diminuiscono drasticamente cosicché le greggi non sono più minacciate e il Cane dei Pirenei, divenuto inutile, viene abbandonato e quasi scompare dalle montagne verso la fine del XIX secolo. (Byasson E. 1907, Cockenpot B. 1998, Bollettino ACP n°31 – 1999, Bollettino ACP n°35 – 2000, Bollettino ACP n°36 – 2001, Cazottes P. 2003).

Per questo si sente la necessità di salvaguardare quel poco che è rimasto della razza e appaiono dei cinofili appassionati che sanno infonderle un nuovo slancio. La prima descrizione dettagliata di questo cane compare nel 1897 nel libro “Les races de chiens” del Conte Henri de Bylandt.

Cartolina d’epoca che ritrae esemplari esportati negli Stati Uniti

Nel 1907 il Dottor Moulonguet, il Signor Jean Camajou e il Signor Bernard Sénac-Lagrange (considerato il padre della razza), sotto la presidenza del Barone de la Chevrelière, fondano a Cauterets il primo club di razza chiamato “Pastor club”, dove redigono il primo standard ufficiale, registrato poi nel 1923. Intanto il Conte de Bylandt e il Signor Théodore Dretzen (allevatore locale, precursore dell’allevamento moderno del Cane da Montagna dei Pirenei) intraprendono un viaggio di studio attraverso la catena pirenaica per verificare la consistenza e la qualità degli esemplari superstiti e arrivano alla conclusione che solo ad Argelès-Gazost esiste un gruppo di cani di pura razza. In questa località fondano insieme al notaio Eugène Byasson (autore, nel 1907, della prima brochure “Le Chien des Pyrénées” dedicata al Cane dei Pirenei e recante la sua storia) il “Club du Chien des Pyrénées” (C.C.P.). Mentre, nel 1923, per iniziativa di Sénac-Lagrange, nasce la “Réunion des Amateurs de Chiens Pyrénéens” (R.A.C.P.), poi affiliata alla Société Centrale Canine e successivamente alla F.C.I. L’intento del club è quello di mantenere e salvaguardare la razza favorendo la selezione dei soggetti più rappresentativi.

Nel frattempo, la guerra del 1914–1918 ha avuto conseguenze disastrose su tutta la popolazione canina per le ristrettezze economiche che hanno causato l’abbattimento di molti soggetti e la malnutrizione dei superstiti. Numerosi animali rimangono uccisi nel conflitto, poiché utilizzati come corrieri durante le attività belliche. Se ne rischia nuovamente la scomparsa, anche perché molti allevatori preferiscono, per motivi di costi, indirizzare i loro interessi verso cani di taglia più piccola, più facilmente nutribili.

Nel 1927 la consistenza della razza è ancora piuttosto scarsa tanto che Sénac-Lagrange scrive: “…In un’epoca in cui la moda si orienta sempre più verso cani di formato ridotto, in tempi in cui le qualità dei cani da guardia e da difesa trovano sempre minore utilizzazione, è lecito pensare che, quali che siano gli sforzi per farlo conoscere e apprezzare, l’allevamento del Cane dei Pirenei ha poche probabilità di prendere una seria diffusione. Fuori dei suoi posti di origine resterà nelle mani di una élite orgogliosa di possedere semplicemente questo magnifico cane e di mantenerlo nella sua primitiva bellezza…”

A questo punto, si scelgono i migliori soggetti eliminando dalla riproduzione i cani che presentano segni di incrocio soprattutto con il Mastino e il San Bernardo; sembra, infatti, che uno stallone di quest’ultima razza fosse stato introdotto nella regione prima della guerra (Duconte Ch. e Sabouraud J.-A. 1967, Bollettino ACP n°5 – 1988, Cockenpot B. 1998, Bollettino ACP n°31 – 1999, Cazottes P. 2003).

Oggi il Cane da Montagna dei Pirenei è presente in tutto il mondo più di quanto non lo sia mai stato, anche e soprattutto grazie al ruolo mediatico avuto dalla serie televisiva francese del 1965, dalla serie animata giapponese degli anni ’80 e dai lungometraggi francesi degli ultimi anni, aventi tutti in comune il soggetto letterario derivante dal romanzo per ragazzi di Cécil Aubry, “Belle et Sébastien”.

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